
Cinema
24 Giu 2016

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Quanto bisogno di cura c'è ne "La pazza gioia"!
È uscito di recente nelle sale cinematografiche l'ultimo, atteso film di Paolo Virzì. L'autore, attraverso la messa in scena di due donne profondamente provate dalla vita, porta lo spettatore a riflettere sui concetti di normalità e diversità e, con straordinaria abilità e sensibilità, lancia un messaggio potente: non c'è miglior terapia dell'amore.
Beatrice Morandini e Donatella Morelli, protagoniste del film, sono due donne fragili e bizzare molto diverse fra loro ma accomunate dal fatto di essere disperatamente bisognose di comprensione e di affetto. Entrambe ospiti dell'istituto terapeutico Villa Biondi, si ritrovano a unire i loro tragici vissuti in una rocambolesca fuga on the road, una fuga che non è trasgressione ma solo desiderio di libertà, felicità, espressione personale in un mondo che invece s'mpegna ad imporre codici e norme di comportamento asettici e asfissianti. Ed ecco che il confine tra presunti savi e presunti matti si fa più labile. Le due protagoniste del film, che la società non esita a squalificare come persone a-normali, in fondo hanno qualcosa di comune a ciascuno di noi: il bisogno di cura (non tanto in senso clinico quanto affettivo). Ciascuno, se lasciato a se stesso e messo a dura prova dalla vita, rischia certamente di perdere la ragione. E i rimedi che vengono dalla società sono spesso dei falsi rimedi: guardando più al paziente che alla persona, anziché riabilitare, debilitano ancor di più. Ma Beatrice e Donatella, benché la vita abbia fatto di tutto per privarle della felicità, non sono disposte a rinunciare a quello che è un diritto umano fondamentale. Risiede forse in questo la loro pazzia: nel saper sperare e gioire laddove tutti noi, normali o presunti tali, ci saremmo arresi? Di nuovo, il confine tra normalità e pazzia sfuma.
Il film di Virzì, attraverso un coinvolgimento emotivo che va ben oltre la comune catarsi o la suggestione, ci porta a riflettere sul diritto di ciascuno alla felicità - felicità che è tanto maggiore quanto più risiede nell'amare e nell'essere amati e nel sentirsi parte di una comunità inclusiva. È questo ciò di cui abbiamo veramente bisogno per vivere, tutto il resto si traduce facilmente in follia.
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