
QualBuonDetto
27 Gen 2017
La lezione d'amore di Etty Hillesum dal campo di concentramento
Stamattina pedalavo lungo lo Stadionkade e mi godevo l’ampio cielo ai margini della città, respiravo l’aria fresca non razionata. Dappertutto c’erano cartelli che ci vietano le strade per la campagna. Ma sopra quell’unico pezzo di strada che ci rimane c’è pur sempre il cielo, tutto quanto. Non possono farci niente, non possono veramente farci niente. (..). Trovo bella la vita e mi sento libera. I cieli si stendono dentro di me come sopra di me. Credo in Dio e negli uomini e oso dirlo senza falso pudore. La vita è difficile, ma non è grave. E una pace futura potrà esser veramente tale solo se prima sarà stata trovata da ognuno in se stesso – se ogni uomo si sarà liberato dall’odio contro il prossimo, di qualunque razza o popolo e l’avrà trasformato in qualcosa di diverso, forse alla lunga in amore se non è chiedere troppo. Sono una persona felice e lodo questa vita, la lodo proprio, nell’anno del Signore 1942, l’ennesimo anno di guerra.
Non sono i fatti che contano nella vita, conta solo ciò che grazie ai fatti si diventa.
Quel che conta in definitiva è come si porta, sopporta e risolve il dolore e si riesce a mantenere intatto un pezzetto della propria anima.
Se tutto questo dolore non allarga i nostri orizzonti e non ci rende più umani, liberandoci dalle piccolezze e dalle cose superflue di questa vita, è stato inutile.
Volevo solo dire questo: la miseria che c’è qui è veramente terribile – eppure, alla sera tardi, quando il giorno si è inabissato dietro di noi, mi capita spesso di camminare di buon passo lungo il filo spinato, e allora dal mio cuore s’innalza sempre una voce – non ci posso far niente, è così, è di una forza elementare -, e questa voce dice: la vita è una cosa splendida e grande, più tardi dovremo costruire un mondo completamente nuovo. A ogni nuovo crimine o orrore dovremo opporre un nuovo pezzetto di amore e di bontà che avremo conquistato in noi stessi. Possiamo soffrire ma non dobbiamo soccombere. (Lettere, 1942 – 1943)
Il 7 settembre 1943 Etty Hillesum sale sul treno che dal campo di smistamento di Birkenau la porta al campo di sterminio di Auschwitz. Etty, è ben consapevole di ciò che sta accadendo: infatti, presagendo la fine, chiede a un'amica di custodire i suoi quaderni. Eppure, l'ultima cartolina che getta dal treno diretto a Auschwitz è ancora una testimonianza della sua resistenza interiore ininterrota: “Abbiamo lasciato il campo cantando”. Etty Hillesum muore ad Auschwitz il 30 novembre 1943.
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