
QualBuonSogno
23 Giu 2021
Vecchi, profeti
Un’altra volta due importanti abati si dissero l’un l’altro: “Andiamo a trovare Ita, la serva di Dio”, ma un giovanotto li derise in questo modo: “Che motivo c'è per voi, uomini grandi e sapienti, di andare da quella vecchierella antiquata?”. Essi lo rimproverano dicendo: “Ita conosce ogni cosa”; e si avviarono quindi verso il monastero di Ita, portando con loro quel giovane. Giunti alla porta del monastero, le monache riconobbero i due uomini e, fattili accomodare, vennero annunciati alla sposa di Cristo. Ita li benedisse, poi rivolgendosi al giovane disse: “Perché siete venuti da una vecchierella antiquata? Non c’è infatti alcun beneficio per uomini grandi e sapienti venire da me”. Allora quel giovanotto impressionato chiese a Ita di pregare per lui.
Questo piccolo racconto è proprio divertente, perché si basa tutto su un malinteso: il giovane deride il viaggio di due importanti abati accusando di inutilità la vecchiaia di Ita, mentre l’anziana monaca divenuta consapevole della sua fragilità si presenta ai suoi ospiti utilizzando le stesse parole del giovane, confermando in questo modo l’affermazione dei due abati “Ita conosce ogni cosa”. Il giovane, convinto di aver incontrato una profetessa, deve accettare di non essere che all’inizio del suo cammino!
La vecchiaia ci rende proprio come Ita: un po’ profeti. Le esperienze passate hanno insegnato loro a comprendere i corsi e ricorsi della storia e, in generale, della vita.
Io di religiosi un po’ profeti ne ho visti tanti nelle nostre comunità. E ogni volta che mi è capitato di avere la pazienza di sostare un po’ in loro ascolto, di non fare come il giovane del racconto che vorrebbe andare oltre, verso ciò che è più nuovo e appagante, ho dovuto riconoscere che davvero sono bisognoso delle loro preghiere.
Sì, si diventa un po’ profeti perché si conosce più profondamente l’humus di cui siamo fatti. Come dice anche Bái Jūyì, un poeta cinese più o meno contemporaneo di santa Ita (VIII secolo) che, come l’anziana monaca, guarda la sua età che avanza con dolce autoironia:
Tu pure, amico, stai diventando vecchio insieme a me.
Domandiamoci dunque che cosa sia la vecchiaia.
Gli occhi secchi si chiudon prima che faccia notte.
Oziamo indolenti, spettinati tutto il mattino.
Di tanto in tanto, due passi appoggiati ad un bastone,
ma spesso barricati in casa tutto il santo giorno.
Non abbiamo più voglia di guardarci in uno specchio
e non riusciamo a leggere i caratteri minuti.
Ci piace ormai solo la compagnia dei vecchi amici.
Di giovani non ne vediamo che in rare occasioni.
Un solo passatempo apprezziamo ancora, più d’una volta:
quante ciance quando ci capita di ritrovarci!
- Bái Jūyì, poema per Mèngdé -
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